A cura di Claudio Boscolo.
Wow, non ho molte altre parole per definire il Gran Premio di ieri, sarò molto sincero.
La F1 doveva dare una risposta tonante allo scempio di Spa (tra l’altro, vogliamo rimborsarli ‘sti biglietti o no?)e al trenino abbastanza soporifero di Zandvoort e… l’ha data.
Monza: tempio, sacrario, pantheon delle divinità della velocità è stata la cornice perfetta per il rilancio della serie a ruote scoperte simbolo nel mondo.
Certo, sulla gestione dei prezzi dei biglietti bisognerebbe stendere un velo pietoso e, come al solito, le vendite sono ben lontane da quelle pronosticate (vedere la gestione della 6h di Monza valevole per il WEC) dove a salvare la baracca sono quegli adorabili matti dei tifosi olandesi a coprire parte delle vendite.
La sprint race non convince ancora e di sicuro non convince i ragazzi di Alphatauri che si vedono negate le possibilità di partire in uno spot decente per contatti di gara, Hamilton d’altro canto può solo prendersela col suo stacco frizione.
Toto Wolff si dice abbastanza perplesso su questo format e noi con lui.
Quel che ci regala il sabato è una Mclaren nuovamente rampante dopo troppo tempo ma che lascia intravedere la bontà del lavoro post-Honda.
Tanti innesti giovani, un Team Principal, Andreas Seidl, proveniente dalla gloriosa epopea Porsche 919 nel WEC e due piloti affamati.
Preludio a qualcosa di grandioso? sì.
Danny Boy cannibale, cattivo, arcigno e senza nessun timore reverenziale su Max allo start e durante tutta la condotta di gara, con quella stoccata di classe del giro veloce all’ultimo giro per far capire che il fuoriclasse un po’ australiano ed un po’ italiano ne aveva ancora, in barba a chi già suggeriva di cacciarlo dalla vettura color papaya.
Lando un po’ lamentoso e un po’ reclamante uno status che ancora deve dimostrare (caro mio, farti lasciare la testa della gara da chi se la sta astro-meritando mi sembra un po’ troppo) ma veloce e dannatamente coriaceo, a riprova della bontà del suo talento.
Doppietta papaya a casa nostra che, per una volta, fa veramente piacere e non lascia quel prurito tendente al bruciore in quella zona lì.
Azione, drama, sceneggiatura buona senza nemmeno far fatica per gli uomini di Netflix visto quel che succede in zona prima variante.
Welcome back F1, appunto, perché cos’è una competizione senza una rivalità dura, quasi scorretta tra due personalità fortissime?
Le ultime stagioni non sono state F1, spiace dirlo, ma la competizione ha bisogno di momenti cattivi dove un po’ si va di agonismo, un po’ si va di moventi personali.
Ah sì, il fair play!1!1! poi però si esaltano Senna, Schumi, Prost e Mansell: tutti uomini che piuttosto che lasciare la posizione ti avrebbero portato in ghiaia totalmente noncuranti di quello che sarebbe venuto fuori dal contatto. Se volete buttarla sul moralismo cascate davvero male.
Il contatto tra Max e Lewis è l’ennesimo, splendido testamento di due piloti che non vogliono saperne di lasciare la curva all’avversario.
Duello d’onore, cappa e spada, ruota a ruota.
Per una volta abbiamo pure assistito a penalità sensate durante la gara: giusto bastonare Peréz e Giovinazzi per il taglio della Roggia, ovviamente per motivi diversi.
Meno sensata, a mio avviso, la penalità data a Max per il contatto con Hamilton: incidente di gara dove entrambi hanno colpe e il doppio dnf credo che sia la punizione più corretta.
Certo, la FIA vuole usare questa penalità come deterrente ma il sospetto è che otterrà l’effetto opposto.
Peréz regala un bel passaggio a vuoto spianando il podio a Bottas piuttosto che cedere la posizione a Leclerc, facendo perdere importanti punti a Red Bull in ottica costruttori.
Giovinazzi ,invece, ha deciso di buttare alle ortiche l’occasione della vita per sé stesso e per il suo rinnovo.
Quell’entrata assassina alla Roggia gli costa un 180 gradi e un bacio al rail che poteva trasformarsi facilmente in un impatto di ben più gravi conseguenze se non ci fosse stata la prontezza di riflessi del gruppone dietro.
Insomma Giovi, ti si vuol bene e tutto, però non è che tu ti stia aiutando eh; già Vasseur è tre anni che ti vuol spedire via, se pecchi di lucidità sul più bello non possiamo più attaccarci alla sfortuna o alle strategie colorite team.
Serviva una prestazione solida che però non è arrivata nonostante l’eccellente passo gara.
La domenica contano i punti.
Ecco appunto i punti, Ferrari patisce le pene dell’inferno sul rettifilo principale e quei 20 (?) cavalli che mancano alla PU rossa fanno tutta la differenza di questo mondo tranne che per Charles, capace di mettere in piedi un duello rusticano con Bottas dove per una manciata di secondi il monegasco ha sopperito ai CV con il talento. Quarta e sesta posizione, chiedere di più a questa vettura è effettivamente troppo.
Mclaren risorge, Ferrari non ancora ma qualche lampo positivo si inizia a vedere.
Capitolo Bottas?
Capitolo Bottas.
Abbiamo spesso criticato il finnico per non avere abbastanza mordente ma la prestazione a Monza dimostra, compiendo sorpassi su sorpassi, di averne ancora.
La vettura aiuta, certamente, ma su Peréz fa valere la ragione anziché l’impeto portando i punti necessari per battere Red Bull sul suolo italico senza perdere lucidità e rischiare contatti nei confronti del messicano.
Se esaltiamo le rimonte di Hamilton è doveroso esaltare in egual maniera le rimonte del compagno di squadra. Da ultimo a podio è sempre bello da vedersi e mai scontato.
Monza, in definitiva, ha ridato quella luce che mancava alla categoria.
Ha riportato entusiasmo, battaglie feroci, piloti vicinissimi (in un paio di frangenti abbiamo avuto 6 piloti in 6 secondi circa).
God Bless questa F1 e non la pagliacciata di fine agosto.
Menzione d’onore al signor Halo che, ancora una volta, dimostra la sua utilità a riprova che sia tanto brutto quanto gloriosamente una delle innovazioni più azzeccate dalla FIA dai tempi dell’Hans.