A cura di Claudio Boscolo.
Che l’automobilismo, ai suoi albori, fosse affare esclusivo di ricchi e nobili non ci deve stupire, ancora oggi è per molti aspetti così.
Tra i tanti nobili che spiccarono per grandi qualità di guida e passione spregiudicata per il pericolo ce ne fu uno, in particolare, che colpì e vinse i cuori di moltissimi appassionati, lasciando ancora oggi un gran ricordo e che segnò il motorsport.
La nostra storia oggi vi vuole parlare di Alfonso Antonio Vicente Eduardo Ángel Blas Francisco “Fon” De Borja Cabeza de Vaca y Leighton y Carvajal y Are, XVII marchese di Portago, XII conte de la Majorada e nipote di nientemeno che Re Alfonso XIII di Spagna.
Complice la precoce morte del padre e la contestuale presenza di immensi capitali alle spalle, Alfonso non ebbe alcun problema a dedicarsi esclusivamente alla sua passione per tutto ciò che implicasse adrenalina.
Infatti De Portago ebbe come primo amore il volo.
Quale sensazione di libertà maggiore se non volare?
E perché non aggiungere maggior pepe con qualche scommessina qua e là sulle proprie abilità in aria?
Così a soli diciassette anni, il caro Alfonso De Portago, vinse ben cinquecento dollari dopo essere passato sotto ad un ponte a Palm Beach… perdendo però così la licenza in seguito alla pericolosità della manovra.
Basta questo aneddoto per far capire il carattere del nobile spagnolo.
Capace in tutti gli sport in cui si dilettò tra cui i tuffi (diventando campione nazionale) e persino la velocità sul ghiaccio con il bob (arrivando quarto alle olimpiadi di Cortina D’Ampezzo).
Capace soprattutto di incarnare lo spirito del nobile vincente ed affascinante, del playboy senza remore che, seppur sposato, tra una trasferta e l’altra qualche divertimento sapeva concederselo.
Un personaggio folkloristico che non girava con i bagagli per il mondo ma con un semplice rotolo di banconote per comprare l’occorrente direttamente sul posto.
Quando si dice voler viaggiare leggeri.
Una personalità vulcanica nella vita così come nell’automobilismo, tanto da dichiarare di voler diventare campione di F1 prima dei 35 anni (che per l’epoca era veramente giovane età).
E pensare che questa storie di corse nacque al Plaza Hotel di New York dall’incontro tra Edmund Nelson ed il buon “Fon” De Portago.
Da questo inaspettato miscuglio di personalità partì una girandola di eventi e amicizie che portò il nobile spagnolo ad acquistare una Ferrari 250 Mille Miglia.
Questo unito alla frequentazione con Harry Schell, di professione pilota, portarono De Portago a piazzarsi in posizioni di rilievo sia a Buenos Aires che a Sebring nel corso di alcune gare Sport.
L’approdo in F1 avvenne nel 1955, da privato con una Ferrari, tuttavia la frattura alla gamba rimediata a Silverstone lo costrinse ad un finale di stagione anticipato.
La stagione seguente divenne parte della squadra ufficiale assieme a Fangio, Collins, Musso e Castellotti.
Il punto più alto in carriera con Ferrari in F1 lo ottenne proprio a Silverstone guadagnandosi una seconda piazza pari merito con Collins (a cui cedette la vettura).
Come detto precedentemente, Fon De Portago restò legato strettamente anche alle gare Sport così nel 1957 partecipò alla Mille Miglia con una Ferrari 335S in coppia con Edmund Nelson.
De Portago era così in quinta piazza quando il probabile scoppio dello pneumatico anteriore sinistro (che il pilota non volle cambiare al rifornimento) a cinquanta chilometri dall’arrivo, portò la 335S a sbattere su un palo del telegrafo in pieno rettilineo e di conseguenza anche sugli spettatori accanto.
Fu una strage con ben nove vittime, di cui cinque bambini.
L’incidente fatale di De Portago segnò la conseguente fine della Mille Miglia come competizione, divenuta ormai troppo pericolosa sia per i piloti che per gli spettatori.
Se ne andava così un’icona d’altri tempi, un pilota poliedrico e appassionato di vita ed avventure.