A cura di Alessandro Rizzuti.
Dal 27 ottobre 2022 è ufficialmente aperta la mostra “The Golden Age of Rally” al Museo Nazionale dell’Auto di Torino. L’evento, aperto fino al 2 maggio 2023, è organizzato dal museo stesso e dalla Fondazione Gino Macaluso per l’Auto Storica. 19 esemplari che hanno fatto la storia dei rally tra gli anni ’60 e ’90 saranno visibili al pubblico in un percorso che ne racconta e valorizza la storia.
“Il percorso espositivo si propone di ricostruire l’entusiasmante atmosfera dei rally”. Le parole di Stefano Macaluso, curatore della mostra, spiegano al meglio ciò che il visitatore percepisce all’interno della mostra. Le auto sono tutte originali, restaurate e dal palmares degno di nota, a partire dalla Mini Cooper S vincitrice del Rally 1000 laghi del 1967. Auto ancora più eccezionale perché in quell’occasione il duo Mäkinen/Keskitalo corse diverse prove speciali con il cofano motore aperto a causa del cedimento del gancio che lo teneva bloccato.
Ci sono poi la Alpine Renault A110 vincitrice del massacrante Rally del Marocco del 1973, che ha visto 60 ritiri su 72 partecipanti. Oppure la Lancia Delta HF Integrale Evoluzione che ha partecipato al Safari Rally del 1992 con il duo Kankkunen/Piironen. Storia particolare in quanto l’auto corse solamente quella gara e arrivò seconda assoluta nonostante un cappottamento in una prova speciale.
In bella mostra, in una sala a lei dedicata, è presente anche la Fiat X1/9 Abarth Prototipo. Probabilmente l’auto più importante tra quelle esposte, e merita che la sua storia venga raccontata. Nata nel 1974 come “anti-Stratos”, il progetto venne poi affidato a Gino Macaluso, già campione europeo di rally, e al collaudatore Giorgio Pianta. L’auto si dimostra da subito molto competitiva, vincendo diverse tappe del campionato italiano rally. Il progetto venne però abbandonato poco dopo a causa degli effetti della crisi petrolifera del ’73 sulla Fiat e sul mercato automobilistico, il prototipo venne venduto a un privato e Macaluso di fatto si ritirò dal mondo delle corse.
La storia potrebbe finire qui, ma è il seguito a essere veramente fondamentale. Diversi anni dopo, Gino Macaluso, ormai dedito al mondo dell’orologeria, rientrò in contatto con un meccanico che aveva lavorato con lui al progetto X1/9, e gli disse che aveva scoperto chi fosse il proprietario dell’auto di cui ormai si erano perse le tracce. Macaluso decise quindi di comprare la sua vecchia auto e restaurarla, e in quel momento decise che avrebbe dedicato la sua vita alla conservazione e restauro di auto da corsa storiche. La fondazione da lui creata oggi conserva circa quaranta auto, ed è tutto nato grazie alla X1/9 e ai sogni di un vecchio pilota.
L’ultima parte della mostra vede un bellissimo omaggio dedicato agli equipaggi che meritano di essere ricordati nella “Golden Age of Rally hall of fame”, e a una collezione di oggetti vari. Anche in questo caso oggetti con una storia rilevanti, dalle tute di Carlos Sainz e Miki Biasion, ai caschi di Gino Macaluso e Marcus Gronholm. Ci sono anche poi oggetti molto particolari, come il machete in dotazione ai piloti ufficiali Lancia durante il Safari Rally del 1992.
Insomma, una mostra davvero incredibile e mozzafiato, corredata da decine di minuti di filmati originali della golden age of rally. Una mostra che ha come obiettivo raccontare quell’epoca soprattutto a quei giovani che non l’hanno vissuto. Una mostra che vuole raccontare le grandi sfide tra costruttori e piloti, e la creatività delle persone che ci lavoravano in un’epoca in cui non esistevano i computer. Una mostra che vuole ricordare il ruolo centrale che ha avuto l’Italia nella storia del motorsport. Da ragazzo di 26 anni posso dire che questi obiettivi sono stati pienamente raggiunti.
Quindi cosa aspettate? Uscite di casa e immergetevi anche voi nella “Golden Age of Rally”.