A cura di Cristian Vaga.
Con il ritiro di Rossi, ultimo dei mohicani e ultimo vero vessillo di una MotoGP di altri tempi, il Motomondiale sta guardandosi un po’ in giro a caccia dei suoi altri punti fermi, “stelle fisse” che possano guidare i nuovi piloti e chi magari sta avvicinandosi alle due ruote. Idoli da emulare, dei quali seguire le impronte, piloti con sulle spalle anni di esperienza e che a volte diventano decenni. Con l’anno 2022 in procinto di iniziare, mi sento di poter finalmente indicare chi secondo me risponde al meglio alla caratteristica di eroe delle due ruote, di guida per le nuove generazioni e (perché no?) anche di insegnare qualcosa a quella attuale. Il nome del mio eroe delle due ruote è Ana Carrasco.
Facciamo un balzo indietro di ormai quasi un decennio: siamo nel 2013, e fra i caschi della Moto3 ne spunta uno in particolare, una ragazzina spagnola di 16 anni scarsi che monta su una KTM del team JHK Laglisse. Questa ragazzina è pronta ad una serie di record quasi del tutto intoccati, impolverati da decenni: prima donna a conquistare punti iridati dal 2001 (finendo P15 a Sepang), e miglior risultato assoluto per una donna, record che durava addirittura dal 1995 (a Valencia, dove finirà ottava). La stagione 2013 le riserva dunque 9 punti iridati e una P21 nella classifica finale. Il 2014 è un anno un po’ scomodo, il passaggio ad RW Racing (attualmente in Moto2, n.d.r.) è tosto e le viene impedito di correre gli ultimi 4 gran premi per mancanza di fondi.
Nel 2015, le prime ferite. Viene dichiarata non idonea per il GP di apertura di Losail, a seguito di una frattura della clavicola durante un allenamento a Jerez. Non solo: al Sachsenring si frattura la testa dell’omero dopo un contatto con un’altra rider, Maria Herrera, e salta diversi GP dovendo stare immobile per almeno due settimane. Il resto del 2015 è inevitabilmente compromesso.
La svolta sembra arrivare nel 2016: Ana abbandona il motomondiale per cercare fortuna nel CEV. Firma un contratto in Moto2 ma, complice il recupero difficile dall’incidente al Sachsenring, la stagione è un fallimento. Il 2017 è l’anno della verità: a 20 anni esatti si iscrive alla neonata World Supersport 300, sale su una Kawasaki Ninja 300 e ha come obiettivo “il meglio che può, e lottare per il campionato”. Trova la sua dimensione: decima al GP di Aragon, e prima donna della storia a vincere una gara di motociclismo individuale il 17 settembre, vincendo ad Algarve, in Portogallo. Finirà ottava nel mondiale, con un bottino di una vittoria e diversi piazzamenti a punti.
Il 2018 è il suo anno migliore di sempre: ad Imola diventa la prima donna ad ottenere una pole position e la leadership di un campionato del mondo, avendo vinto la gara; otterrà una sensazionale back-to-back vincendo anche la gara a Donington Park; infine, con una gara abbastanza caotica a Magny-Cours (dove lei finisce tredicesima ma i suoi rivali al titolo hanno diverse sventure), Ana Carrasco diventa Campionessa del Mondo Supersport 300, prima donna in assoluto a vincere un titolo mondiale FIM. Col 2019 arrivano altre due vittorie e tre podi, anche grazie ai consigli di un mentore eccezionale come Jonathan Rea: la campionessa 2018 finisce terza la stagione, con 117 punti.
Poi, nel 2020, l’altra grande ferita sulla pelle di Ana. Si sta allenando ad Estoril in vista del weekend di gara, cade rovinosamente: viene sbalzata violentemente sulla ghiaia, è cosciente. Responso medico: due vertebre toraciche fratturate. La notizia è di un impatto devastante, ovviamente si teme, e si teme il peggio: la fine dei giochi, uno stop alla carriera.
E invece no: Ana sacrifica il 2020, spende a riposo tre mesi, recupera velocemente e già nel 2021 riprende a gareggiare in Supersport 300, finendo sedicesima ma vincendo comunque una gara ad Imola (pista su cui ha un record molto positivo di successi).
E adesso, il 2022. Un team molto incerto come BOÉ (che in tre soli anni è stato rifondato e trasformato altrettante volte), un compagno di squadra con un nome abbastanza pesante (David Muñoz, assoluto mattatore nella Rookies Cup 2021; per ora non correrà, non avendo ancora l’età minima di 16 anni). Una cicatrice lungo la schiena, una sul braccio. Un peso psicologico considerevole, contando che una donna così vincente non ha mai messo piede nel motomondiale fino ad oggi. Si riparte dal basso, si va a costruire sempre dalle fondamenta. Obiettivo? Domani parlare di Ana Carrasco come pilota MotoGP. O almeno, è quello che spero e le auguro.
¡Vamos Ana!