Il talento da solo non basta, è una grande ovvietà e non lo nego, eppure, ad oggi, sembra che i mondiali si vincano solo con il “talento”.
Per vincere un mondiale di F1, invece, servono i punti, punti che ieri Charles Leclerc non ha portato a casa.
Era almeno un podio pressochè in cassaforte eppure la mancanza di freddezza nel momento topico ha privato Charles e Ferrari della vittoria, scivolando a meno sessantatre punti da Verstappen e regalando al campione olandese un ghiotto gruzzolo di punti da amministrare.
Di fatto potremmo dire che i giochi sono chiusi.
Ferrari e Charles Leclerc non sono ancora minimamente pronti per gestire le pressioni di un mondiale che si vince accumulando i punti, dalle vittorie facili ai piazzamenti di rincalzo nelle gare complesse che poi sono quelli che realmente fanno la differenza.
Da una parte abbiamo un muretto troppo debole per imporsi, dall’altra un pilota che promette tanto, crea molto spettacolo ma concretizza veramente poco.
Le sole cinque vittorie a fronte di ben sedici pole position sono lì a testamento di tante belle intenzioni non concretizzate.
Troppo poco per il talento monegasco e quanto promette.
Certo c’è stata la sfortuna con l’affidabilità, certo ci sono state strategie piuttosto “folkloristiche” del muretto rosso ma ci sono stati anche tanti errori del monegasco.
Non è mai colpa solo di una parte eppure in questo ostacolarsi da soli alla lotta al titolo ci sono delle macroscopiche diversità di trattamento da parte del pubblico e della stampa.
Charles Leclerc è indiscutibilmente il pilota più coccolato della storia della F1, specialmente qua in Italia.
Ogni occasione è ghiotta per fare della stucchevole narrativa sul suo passato, sul rapporto con Bianchi, sulle sue imprese nei kart ed in Formula 2 eppure, nel concreto della Formula 1che si corre in pista e non sul libro “Cuore”, resta un pilota ancora acerbo nonostante le cinque stagioni nella massima serie.
Charles è un pilota da tutto o niente che, in questa F1, è più un difetto che pregio. Certo ci può fare urlare sul divano, certo la sua spettacolarità entra nei cuori dei tifosi eppure questo “proteggere” costantemente Leclerc sulla base delle imprese passate e del talento potenziale non aiuta la crescita.
Se il muretto sbaglia, tutti coi forconi, se il pilota monegasco sbaglia allora tutto è concesso.
Appunto solo per Leclerc esiste un pass speciale per evitare le critiche in quanto il suo collega Sainz spesso è stato messo alla gogna anche quando vincente e convincente.
Nel confronto diretto tra i due, ieri, Sainz ha mostrato una gestione di gara sublime e la giusta dose di aggressività quando necessaria, portando a casa punti preziosissimi per il costruttori e per la propria classifica personale.
Carlos sta mettendo in mostra una progressione nell’arco della stagione, grazie anche alla controversa (per qualcuno) vittoria, mentre Charles resta oscillante tra grandi prestazioni ed errori che da un “predestinato” sarebbe lecito non aspettarsi.
Di questo passo, con questo altalenare prestazione monstre ad errori banali e costosissimi (in termini di punti), Leclerc rischia di restare un grande incompiuto, vittima di un ambiente tossico che esalta ogni singolo suo aspetto senza porre spunti di miglioramento.
Criticare serve, accettare le critiche è un modo per migliorarsi e se queste non vengono mai poste, va da sè che per il pilota sia tutto ok.
Charles ha bisogno anche del bastone, non solo della succulenta carota.
Fare il “mea culpa” ad ogni errore, per quanto encomiabile, non deve essere un pretesto per farne di nuovi sapendo che la tifoseria perdona tutto.
Troppo spesso abbiamo assistito alla stesse scene ai microfoni dei vari giornalisti dove un contrito Leclerc si autoflagella per poi ritrovarsi gare dopo nello stesso scenario.
Senza migliorare.
Questo è il momento dove partire per colmare le lacune di gestione gara ed evitare di buttare al vento gare e campionati futuri.
Per non gettare al vento uno dei più grandi talenti della F1 moderna.