A cura di Umberto Moioli.
In un primo momento lo scorso anno con la 911R, forse un po’ più sommessamente, e successivamente quest’anno con la nuova 911 GT3, Porsche ha voluto riportare in auge quello che per moltissimi è il vero e proprio simbolo della guida autentica, quella con la G maiuscola, ovvero il cambio manuale, suscitando un acceso dibattito tra i “modernisti” dell’automatico sequenziale e gli intramontabili romantici amanti del pedale della frizione e della leva del cambio. Un dibattito molto più sentito di quanto mi sarei mai immaginato, e nel quale non ho potuto fare a meno che prendere una posizione. Dubbi, infatti, su quale sia più il adatto alla performance pura – specialmente sulle moderne supersportive e sportive compatte – non è che ce ne siano molti. D’altra parte, anche il Costruttore di Stoccarda non ha fatto segreto dei 5 decimi di secondo con cui la 911.2 GT3 con cambio automatico Pdk è risultata più veloce della variante con cambio tradizionale nello scatto da 0 a 100 Km/h. E non è certamente difficile da intuire come guidare una simile vettura in mezzo ai cordoli, ma anche su una emozionante strada di montagna, sia certamente più facile se, per cambiare rapporto, è sufficiente concentrarsi sui giri motore e su quale dei due paddle si debba premere. Eppure, anche nell’era degli ibridi performanti, dei cambi robotizzati con tempi di innesto fulminei, dell’aerodinamica sempre più presente e sfruttata, del kers e delle sospensioni attive, personalmente credo che nulla riesca ancora ad eguagliare il piacere, puro e viscerale, di un cambio manuale. Perché, diciamocelo, il bello della guida sono proprio le sensazioni che ci suscita, e il manuale, con il pedale della frizione da schiacciare, dosare e con cui spesso giocare, l’afferrare la leva del cambio e dirigerla verso il rapporto successivo, il sentire fisicamente l’innesto della marcia, tutto questo regala delle emozioni e delle sensazioni che un automatio semplicemente non è in grado di garantire al pilota. Ovvio, non bisogna dimenticare che queste vetture vengono progettate con un semplice intento: divertire ed essere sempre più veloci, in ogni frangente. Ma, a meno che di mestiere non facciate il pilota professionista, girare in pista uno o due secondi più lenti di quanto non fareste con un automatico non vi rovinerà la carriera, ma sono sicuro che aggredire i cordoli con un cambio manuale vi farà tornare a casa con un sorriso ancora più smaliante. Non pretendo che tutti seguano quanto sto scrivendo, perché mi rendo conto essere abbastanza irrazionale come cosa, forse perché è addirittura insensata, ma lasciatemi dire che con quel semplice movimento con cui siamo cresciuti – giù la frizione e dentro una marcia – è come se il rapporto tra il pilota e la propria vettura fosse ancora più vero, più tangibile, più sensibile nel senso letterale del termine. E’ qualcosa di viscerale, ma che ha da sempre reso il mondo delle auto (e delle moto) così incredibile, è la ragione per cui abbiamo preso per il culo gli americani fino all’altro ieri, quando noi guidavamo per davvero e loro, con i loro automatici, semplicemente si facevano trasportare dalla macchina, è una delle ragioni per cui osanniamo ancora il JDM anni ’90. Poca (o addirittura nessuna) elettronica ed il resto affidato al solo pilota e al suo rapporto con la macchina.
Sarò un inguaribile romantico? Probabilmente. Sarei più veloce al volante della GT3 con l’automatico Pdk? Certamente. Mi sentirò mai appagato quanto a guidare la sua sorella “old-school”? Assolutamente no. Quindi, non mi resta che ringraziare Porsche, per aver ascoltato il grido degli appassionati come me, legati ancora ad un passato glorioso in cui erano gli uomini a “vivere” e “sentire” di più e soprattutto a fare la differenza. E se è vero che i tedeschi sono famosi per la loro “forza trainante”, spero vivamente che tante altre Case seguiranno quanto fatto a Stoccarda. Lunga vita alla frizione!