A cura di Sebastiano Aulino.
“Ricordo bene quel giorno, eravamo tutti a tavola e tuo zio chiese che ora era, perché voleva vedersi il gran premio. Ci aveva detto che ieri un pilota era morto per un incidente e lo aveva visto in diretta: quella macchina si era sfasciata contro il muro a una velocità incredibile e la testa del pilota penzolava a destra e a sinistra, si capiva subito che era morto. Appena prima della partenza, tua mamma disse che c’era qualcosa di strano negli di Ayrton, sembravano spenti e vuoti. Dopo una ventina di giri, lui sbattè contro il muro, e dalle immagini della RAI che facevano con l’elicottero si vedeva la testa penzoloni, come quella del pilota del giorno prima. La mamma e la nonna si presero un gran dispiacere per quei ragazzi.”
Questo è ciò che mi raccontò mio padre su quel primo maggio del 1994, perché proprio come nei fatti più significativi della propria vita, quando accadono ricordi esattamente dove ti trovavi. Io non ero ancora nato, ma ebbi la fortuna di recuperare il tempo perduto grazie proprio a questi racconti e ai numerosi video che ritraevano quei due piloti che, a differenza di Barrichello, non furono abbastanza fortunati in quel gran premio.
Sono passati ben 27 anni da quel giorno e non possiamo dimenticare il mito di Senna, ma è vero che quel giorno perse la vita anche un altro pilota, che purtroppo non ha avuto lo stesso cammino del paulista.
Stiamo parlando di Roland Ratzenberger, pilota austriaco che già da piccolo si appassiona al mondo delle corse. Incominciò il suo cammino lontano dalle valli e dai monti della sua casa, in Germania, partecipando ad alcune gare e ottenendo un discreto successo che lo porterà ad attraversare la Manica e partecipare al campionato Formula Ford a Brands Hatch per due volte, vincendolo una volta.
Dopodiché ci sono stati risultati altalenanti che lo anno portato a cambiare diversi campionati, dove non lo hanno mai visto come protagonista assoluto e dove il mondo non si accorse effettivamente di lui. Lo fece solamente in quel sabato pomeriggio, forse troppo tardi.
Ancora oggi non gli viene dato il giusto risalto, forse per mancanza di riconoscimento o forse per mancanza di titoli o avvenimenti di rilievo, ricordandolo soltanto come un lontano Grosjean che non ce l’ha fatta.
Al contrario del suo coetaneo, che invece viene ricordato ogni anno, con eventi, mostre o con titolazioni di strade.
Per lui le parole sono quasi sprecate per ricordare il grande uomo che è stato, dentro ma soprattutto fuori dall’abitacolo della sua auto, più precisamente quando tornava a casa, nel suo amato Brasile, dove aveva costruito case, scuole e creato fondazioni per la crescita di tanti bambini e delle loro famiglie che vivevano in condizioni indigenti, cercando di dargli un futuro, un’istruzione e soprattutto una speranza per una vita migliore.
Forse il miglior ricordo di un campione nella vita è proprio questo: facendo la rivoluzione, senza imporre nulla a nessuno, senza far inginocchiare i suoi colleghi ad ogni gara, facendosi fotografare a delle proteste con cartelloni in mano o scrivendo delle frasi sul casco.
Ayrton Senna non era apparenza, ma fatti che hanno fatto si che venisse ricordato non solo come pluricampione del mondo ma anche come un grande uomo che ha reso grande un’intera nazione, rendendola orgogliosa di vivere sotto la bandiera i quali colori hanno sempre capeggiato sul suo casco.