No, davvero.
Non fatelo.
Fatevi un favore, usate quelle dieci ore, grossomodo, che dura la quinta stagione per fare altro.
Ma va bene qualunque altra attività! Dal sempreverde jogging all’arrampicata, allo studio persino.
Davvero fate altro, ve lo chiediamo per favore.
Quello che dovevo dire sulla serie, l’ho già detto qua a proposito della quarta stagione.
Speravo di essere smentito ed invece nulla.
Drive to Survive è tutto ciò che non è Formula 1.
È il nulla cosmico mascherato da innovazione.
È il “Beautiful” della narrazione motoristica.
La cosa che più di tutte si nota è la mediocrità in ogni singolo dettaglio.
Troppa attenzione al Gran Premio degli Stati Uniti (e chissà come mai), nessuna menzione al Gran Premio del Brasile, il miglior GP della stagione, e zero accenni alle Sprint Races.
Drive to Survive è un lavoro pigro.
È nato come racconto dietro le quinte perdendo totalmente la propria identità per diventare una sorta di biografia indiretta di Guenther Steiner.
Drive to Survive è lo specchio di quello che sta diventando la Formula 1 stessa, un contenuto vuoto, fatto solo di scenette e pochissima sostanza.
Il tifoso è sempre più distante dalla tecnica e dal campionato e sempre più interessato dal dito puntato di Binotto a Leclerc.
Drive to Survive ha smesso anche di parlare ai tifosi occasionali poiché troppo irrealistico.
Da documentario si è trasformato in una soap opera fantascientifica.
Lo sport stesso, ormai, ha imboccato quella via.
Molti avvenimenti al di fuori dalla pista strizzano l’occhio a questo tipo di narrativa.
Drive to Survive non è più un prodotto da vedere, è uno spreco di tempo ed insulto alla Formula 1.
La bella idea è stata assorbito dal semplice, facile ed immediato.
È spettacolarizzazione di ciò che non merita di aver risalto.
L’unico merito che ha avuto questa soap è stato quello di aver fatto conoscere la Formula 1 al grande pubblico.
Al di fuori di quello la qualità del prodotto è nulla.
Occasione sprecata.