Abbiamo avuto l’occasione e l’onore di incontrare a Imola Marco Apicella, in occasione delle Finali Mondiali Ferrari 2024, e con il nostro solito piglio da giornalai abbiamo tirato fuori un’intervista molto interessante.

Marco ha iniziato a coltivare la sua passione per le corse a 14 anni insieme al fratello, partendo come tutti dai kart e progredendo nelle varie formule minori, fino alla Formula 3000 in Giappone e alla breve carriera in Formula 1.

Marco Apicella in Formula 3. (Dal suo profilo personale @stilo_apicella)

Una carriera agonistica intervallata da test privati sulle F1 tra anni ’80, in un momento di progresso tecnico rapidissimo. Dal cambio ad H ai “paddle” dietro il volante, dai motori turbo a quelli aspirati, Marco è stato testimone e protagonista dell’evoluzione della Formula 1.

Marco Apicella in un test con Minardi. (Dal suo profilo personale @stilo_apicella)

Dopo qualche test ufficiale con la Minardi, si apre l’occasione di correre finalmente in F1 con la Scuderia Modena per la stagione 1991. Alla fine, però, come piloti ufficiali vengono scelti Nicola Larini (già suo compagno di squadra in F3) ed Eric van de Poele, e a Marco Apicella viene offerto un contratto come test driver per il resto della stagione.

Il Modena F1 Team. Da sinistra verso destra: Marco Apicella, Mauro Forghieri, Eric Van De Poele e Nicola Larini. (Dal suo profilo personale @stilo_apicella)

Dopo questa occasione mancata, Marco decide di trasferirsi in Giappone per correre il campionato nazionale di F3000. A quell’epoca il Giappone non era una delle grandi nazioni del motorsport, e stava appena cominciando ad aprirsi verso il mondo. Per arrivare a competere alla pari con europei e americani in Giappone c’era bisogno di nuove conoscenze e nuove prospettive, e chi meglio poteva aiutare se non giovani e talentuosi piloti e ingegneri?

Insieme a Marco Apicella in Giappone si ritrovano giovani talenti come Tom Kristensen, Mika Salo, Eddie Irvine, Jacques Vlleneuve, Heinz-Harald Frentzen… Un ambiente incredibilmente stimolante che premia il talento e la pazienza.

Un pezzo di storia dell’automobilismo intento a farsi le ossa in Giappone. Da sinistra verso destra: Mika Salo, Thomas Danielsson, Tom Kristensen e Marco Apicella. (Dal suo profilo personale @stilo_apicella)

Dopo un breve ritorno in Europa per partecipare al GP d’Italia del 1993 sulla Jordan, Marco decide di restare in Giappone per il resto della sua carriera, passando eventualmente dalla F3000 al Super GT alla fine degli anni ’90. Dopo il ritiro dalle corse passa le giornate a fare il collaudatore per Dallara (contribuendo allo sviluppo della Stradale) e a fare da coach per piloti amatori giapponesi. È proprio i queste vesti che l’abbiamo incontrato, insieme a Shintaro Akatsu che corre nel Ferrari Challenge Europe per il Reparto Corse Ram.

La nostra intervista non poteva finire senza però farci raccontare aneddoti divertenti, ed ecco a voi una storiella che vi farà sorridere:

“Eravamo io ed Emanuele Naspetti durante questa gara bagnata [in Giappone] e alla sera avevamo l’aereo per tornare in Italia. A un certo punto Emanuele finisce in ghiaia e si ritira, e vedendolo ho pensato ‘quasi quasi lo faccio anche io, così non rischio di perdere l’aereo’. Ma ho resistito alla tentazione, nonostante Emanuele che mi faceva cenno di rientrare ai box e andarcene. Ho finito la gara, ho parcheggiato la macchina e sono scappato in aeroporto senza neanche salutare i meccanici.”

E per chiudere con Marco Apicella, le nostre solite domande di rito: migliore e peggiore auto guidata in carriera, e quale gara della storia avresti voluto correre e su quale auto?

“La migliore macchina che ho guidato era una delle F3000 giapponesi. Erano come quelle europee di base, ma le gomme erano estremamente performanti e con quelle facevamo dei tempi in qualifica che ci avrebbero permesso di insieme a delle Formula 1 senza problemi.
La peggiore auto invece era una Honda NSX in un campionato turismo. Non era una brutta macchina, ma quando sbagli l’assetto diventa totalmente inguidabile.
L’auto del passato che avrei voluto guidare è una delle Audi LMP1 che hanno dominato a Le Mans, ovviamente alla 24 ore di Le Mans.”

Di Alessandro Rizzuti

Laureato in storia e bassista metal a tempo perso, fermamente convinto che sotto le sei ore si parla di gare sprint. Ogni tanto faccio qualche articolo ironico, sperando di essere divertente almeno su internet.

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