A cura di Claudio Boscolo.
Presentata al salone di Ginevra ormai 50 anni fa con un forte accento futurista scaturito dalla mente di Marcello Gandini, la Countach fece subito girare la testa ad addetti ai lavori ed appassionati. Stile, classe, innovazione e voglia di stupire.
50 anni dopo, all’unveiling del tributo in chiave moderna, l’impatto, quanto meno a livello personale, è ben diverso rispetto a quello narrato mezzo secolo fa.
Innovazione e voglia di stupire? No grazie, a questa tornata la casa di Sant’Agata Bolognese è andata sul sicuro, anche troppo, per quanto riguarda le forme.
Come hanno riferito anche fonti interne a Lamborghini siamo di fronte, purtroppo, ad un esemplare di Aventador ricarrozzata con il retrotreno quasi preso in toto dalla Sian.
Nulla di nuovo, niente effetto ” mascella che si sgancia” e faccia urlare di giubilo. Tutto sul sicuro.
E questa scelta spiegherebbe anche la rapidità con cui questa vettura sia stata prodotta in 112 esemplari (il 112 non è un numero casuale in quanto tributo alla sigla del progetto originario “Countach LP112”).
Dai primi render, è inutile nascondersi dietro ad un dito, l’hype in redazione era ben più che palpabile anche e soprattutto visto l’eredità di vettura futurista che portava il modello anni ’70.
Nulla di tutto ciò.
Direte voi “magari la vera sorpresa passa sotto alla scocca?”.
Spiacente di deludervi ancora.
Se la Countach originale presentava elementi che avrebbero totalmente rivoluzionato la filosofia del brand, il reboot prosegue nella sua filosofia di “mash-up” di modelli precedenti anche sotto al cofano.
800 CV erogati dal V12 6.5 “mild hybrid” ispirato a quello della Siàn.
Come detto precedentemente, da questo modello mi aspettavo molto di più visto quanto la Countach originaria sia stata iconica ed indimenticabile, capace di entrare nella cinematografia prepotentemente e dare alla gente di che sognare.
Per 2 milioni di euro (tasse a parte) non mi sembra davvero valerne la pena.