A cura di Claudio Boscolo.
Tutto sommato, per una volta, il GP di Catalunya non è stato uno dei rimedi consigliati per l’insonnia.
Abbiamo visto una splendida rimonta di Hamilton scatenato, su una vettura che, solo per pochi illusi, si professa inferiore alla Red Bull. Quest’ultima, però, ha peccato sia di superbia che di mancanza di lucidità nel momento topico.
Bottas, per una volta, forse ha avuto un briciolo di lampo d’orgoglio tentando addirittura una staccata nei confronti del compagno di colori.
Poi in quarta posizione finalmente un lampo rosso dopo troppo tempo. Eccellente la prestazione di Leclerc che è stato capace di sopperire alle difficoltà di una macchina non ancora del tutto performante.
Non avevo grandi speranze al via, anzi, ero abbastanza certo che la rossa numero 16 sarebbe stata risucchiata nel centro classifica nell’arco di pochissimi giri e, invece, bravissimo il monegasco a tenere un passo allucinante per respingere gli attacchi del finlandese della Mercedes.
Sarebbe quasi da fare i complimenti per la prestazione della Ferrari tuttavia la prestazione di Charles viene brutalmente oscurata da un errore per me imperdonabile.
La quasi totale assenza di mentalità vincente.
Nel dettaglio mi riferisco sia all’atteggiamento che alle affermazioni nei team radio che in telecronaca.
Ho iniziato a storcere il naso dapprima quando Gené, uomo Ferrari in telecronaca, ha più volte rimarcato come la gara di Leclerc fosse rivolta allo star davanti a Ricciardo e non verso Bottas nonostante la terza piazza effettiva ben difesa.
Non stiamo dunque parlando di differenza di strategie così marcate o di un Charles con un pit in meno rispetto al finlandese della Mercedes e quindi costretto a lasciare il passo per non rovinare la propria gara.
Stiamo parlando di una mentalità conservativa che non dovrebbe minimamente adattarsi a Ferrari, soprattutto quando si ha la chance di potersi giocare sul filo e quasi alla pari, visti i tempi in gara, un possibile podio.
Questo commento in diretta è stato poi ribadito alla radio di Leclerc poche tornate più in là dallo stesso ingegnere di pista facendomi riflettere parecchio.
Si è passati dalla mentalità Ferrari, sinonimo di eccellenza e di caparbietà, ad una mentalità estremamente provinciale che non dovrebbe ma i e poi mai adattarsi al rosso di Maranello.
Non stiamo parlando di una Haas dove ogni singolo punto rappresenta una vittoria a causa del deficit prestazionale con tutto lo schieramento, stiamo parlando di una Ferrari quasi rediviva per la totalità della gara.
Con questa mentalità mi è difficile pensare ad uno step up, anche in vista della prossima stagione, quando ci si rifiuta di giocarsi le proprie carte in una delle rare occasioni in cui è possibile portare a casa un risultato di rilievo.
Poi chiaro, tra il dire e il fare c’è di mezzo comunque un mezzo superiore alle calcagna ma, a mio avviso, è proprio il segnale di resa incondizionata che fa male a tanti tifosi.
A proposito di mentalità, proprio mentre mi accingo a scrivere questo pezzo, è andata in scena uno scambio di opinioni che mi ha lasciato veramente perplesso tra Vanzini e Binotto.
Chi è calciofilo, oltre che appassionato di Formula 1, avrà immediatamente capito a cosa mi riferisco.
Ebbene la discussione verbale tra il Team Principal Ferrari e il commentatore Sky mi ha riportato un po’ indietro a quelle “vibes” Varriale-Zenga.
Certo i toni sono stati decisamente meno carichi di odio esplicito eppure si è avvertita una certa permalosità, quasi eccessiva a mio avviso, da parte di Binotto nei confronti di un Vanzini che ha semplicemente espresso concetti fattuali.
Ferrari al momento non è all’altezza di Charles e nemmeno di Carlos.
Certo, i miglioramenti ci sono stati ma siamo ancora troppo lontani da quello che la rossa dovrebbe essere. Il team ha finalmente lavorato bene e questo viene enfatizzato da Binotto quasi fosse un qualcosa da celebrare e non quello che dovrebbe essere lo standard per il marchio del cavallino rampante.
Aggiungo, come piccola nota personale a margine, che questo tipo di reazione e di atteggiamento passivo aggressivo non fa che creare tensione e divisione verso e probabilmente dentro un ambiente che avrebbe bisogno solo di compattezza e di unità. Le parole di un commentatore possono non essere gradite o addirittura invise, tuttavia, questa reazione mi è sembrata decisamente fuori scala e una piccola, grande caduta di stile verso un professionista (al di fuori del gradimento personale) che ha spesso difeso l’indifendibile fino ad ora.