A cura di Umberto Moioli.
Per scrivere questo articolo devo fare una premessa: guidare è una parte inscindibile della persona che sono. Amo guidare, ovunque e qualsiasi cosa abbia un motore. Che sia su pista o su strada oppure off-road. Gli ultimi due anni, poi, li ho vissuti in Indonesia, ove ho veramente guidato in situazioni assurde, con uno dei traffici più pericolosi al mondo. Letteralmente districandomi in un alverare di moto e scooter impazziti, di gente che guida senza alcun rigor di logica. Mi sono ritrovato anche con la palta alle ginocchia mentre guidavo un Honda Vario 150 con una tavola da surf attaccata sul lato sinistro, nel bel mezzo del nulla sull’isola di Lombok, in cerca di nuovi luoghi da esplorare, con nessuno nelle vicinanze.
Insomma, questa premessa è per mettere bene in chiaro che ci vi scrive non è certamente qualcuno alle prime armi quando si tratta di guidare. Eppure… tutto cambia quando all’equazione si aggiunge quella città che personalmente vorrei radere completamente al suolo: Milano.
Sono nato e cresciuto a Monza, a due passi dal capoluogo meneghino, ma ciononostante andare a Milano con la propria vettura è per me un’esperienza terrorizzante. Paragonerei il guidare per le strade della “Grande Mela” italiana al pari di partecipare agli Squid Games: ti senti costantemente sotto tiro di “qualcuno o qualcosa” pronto a “spararti” una multa, di qualsiasi tipo. Velox, divieti di accesso non meglio palesati, zone a traffico limitato, Area B, Area C, Area YWZ, telecamere puntate pronte a beccarti se mezzo millimetro di ruota dovesse malauguratamente valicare la linea della corsia taxi o tram, nel mentre sei intento a cercare di non uccidere quelli sui monopattini elettrici ed i ciclisti di Deliveroo.
Ah, non dimentichiamoci i parcheggi, l’altro grande business del Comune di Milano: assenza totale di parcheggi liberi, strisce blu (di giorno vietate, di notte invece no… o così mi pare di aver capito), strisce gialle, handicap, il parcheggiatore abusivo a cui fai una “donazione” così che ti sorvegli l’auto (traduzione: non ti faccia danni perché non l’hai pagato), i parcheggi al chiuso da 5€/h (dove comunque capita che ti portino via un Classe G mentre sei al ristorante) e quelli che “Mi scusi vigile, ma qui si può parcheggiare?” “Certo, non si preoccupi.” per poi rifilarti l’ennesima multa appena hai girato l’angolo, mentre pensi di esserti salvato, di avercela fatta, ma invece no. E poi, non è che stiamo parlando di 10€ a notifica. “We figa, siamo a Milano qua, sotto i 100€ non se ne parla neanche. Vai a fatturare, povero!”.
Insomma, crediateci o meno, ma non tornavo a Milano da due anni e mi è venuto quasi un attacco di panico mentre cercavo di districarmi in questo dannato campo minato, con alle spalle un branco di schizzati dal clacson più facile di quanto non lo sia la bestemmia per i veneti. Un’esperienza eufemisticamente orribile, che mi ha fatto ricordare chiaramente i motivi per i quali Milano l’ho sempre evitata più della peste.
Quindi, caro sindaco Beppe Sala, ci tenevo a farLe sapere che quella Milano, tanto bella e moderna, che lei cerca di dipingere come un Locus Amoenus è forse molto più simile alla distopica Capitol City di Hunger Games, più di quanto lei non creda.