A cura di Umberto Moioli.
Sotto i colpi del freddo vento proveniente dalle Alpi che decreta la conclusione della Stagione motociclistica, anche Eicma 2017 ha chiuso i propri battenti, dando appuntamento a tutti a novembre 2018, dopo una edizione che – come sempre – non ha deluso le aspettative in quanto a numeri. Non solo nessun Costruttore ha mancato di presenziare, ma anche nuovi espositori hanno fatto la propria comparsa, mentre per quanto riguarda i visitatori, oltre mezzo milione di persone ha infatti preso la strada per la Kermesse milanese, che ha aperto le porte al pubblico da giovedì a domenica, registrando un’affluenza di giorno in giorno sempre crescente.
Eppure, se come “business” e come “termometro” di quelle che sono le inclinazioni del pubblico Eicma funziona sempre, è altresì vero che come appassionato e addetto ai lavori sono rimasto anche quest’anno parecchio insoddisfatto. O meglio, lo sono in primis come motociclista, perché anche quest’anno ad Eicma sono mancate tante vere novità e soprattutto sono mancate quelle emozioni e quella sensazione di stupore, che solamente una moto come la nuova Ducati Panigale V4 ha saputo suscitare, per via del suo essere estrema, bellissima e soprattutto per via di quella grande rivoluzione tecnica (per Ducati, ovviamente) che la V4 ha portato con sé.
Me ne sono andato via da Eicma con un’unica certezza: tra le case c’è troppo immobilismo, sia a livello creativo che tecnico (aspetti che spesso vanno a coincidere). I nuovi modelli sembrano non trovare mai quel qualcosa di cui sono alla disperata ricerca, finendo per diventare così dei noiosi re-style di linee e trame delle quali abbiamo già fatto in tempo a stufarci. Il livello prestazionale, bene o male, è rimasto generalmente invariato, mentre passi in avanti sono stati fatti ancora una volta nel settore della Sicurezza. Eppure, anche sotto le carene – eccezion fatta per coloro i quali sono in possesso di una laurea in ingegneria elettronica tale da apprezzare le nuove piattaforme inerziali – le diverse meccaniche non hanno saputo stupire, non hanno saputo far sognare i cuori di coloro che spendono tanti soldi per “mezzi di locomozione” che tutto hanno fuorché la praticità e soprattutto l’intelligenza del “mezzo di locomozione”. E questo, quanto meno nel segmento delle supersportive, a mio avviso è causato dalla troppa restrizione dei regolamenti che non permettono agli ingegneri di essere creativi ed esprimersi con progetti completamente nuovi, come potrebbe essere una 600cc ripartita in cinque o sei cilindri, o altri progetti fantasiosi di questo genere. D’altra parte, vorrei ricordarvi che negli anni ’70 nel Mondiale si correva anche con le 50cc a 4 cilindri, quindi non ci sarebbe da meravigliarsi nel vedere moto con questo tipo di concezione e layout motoristico. Anzi, ben vengano progetti particolari, che avrebbero come minimo l’effetto di risvegliare l’attenzione e la curiosità per un segmento morto dal 2009 come quello delle Supersport 600, ma non solo. Ma in generale sono rimasto deluso anche dagli altri segmenti, come quello delle Naked, che sta perdendo il contatto con la realtà: da una parte ci raccontiamo che le moderne Supersport 1000 sono inutili per la strada, salvo poi togliergli le carene, spostare un po’ di coppia ai bassi, alzare i semimanubri e via, il gioco è fatto: nuova Naked da sparo con 180 CV. Il senso? Non lo so, trovatemelo voi. Dall’altra parte, invece, vedo scarenate noiose, senza personalità. Lasciatemelo dire: dio benedica la Casa di Varese, la MV Agusta, che con la sua Brutale 800 ha letteralmente concretizzato il concetto stesso di “Naked”: una moto piccola, versatile, con cavalli in abbondanza per fare “ignoranza” sia sui passi di montagna, sia nelle strade più “cittadine”, bella e che non ti faccia passare la voglia di guidarla al solo sguardo.
E soprattutto, Dio benedica la Kawasaki, unica Casa che ancora porta avanti con orgoglio la sua filosofia del “Ce-l’ho-durissimo” con moto assurde come la supertourer anabolizzata Ninja H2 SX, che con i suoi 200 CV, il telaio tubolare ed il motore supercharger riscrive così le regole del gioco per le moto da viaggio. Secondo alcuni è una moto inguardabile; secondo me è l’espressione di un Costruttore che non smette di mettersi in gioco, che crea, che se da una parte deve piegarsi alle regole di un mercato che vuole tutte tre-e-mezzo spompate ed economiche all’inverosimile, dall’altra ti porta un Tourer capace di far tremare le ginocchia ai più smaliziati di noi. Senza parlare poi di quel salto nel passato rappresentato dalla Z900 RS, vero e proprio tributo alla vecchia e gloriosa Z1 degli anni ’70, concepita per i nostalgici di un periodo migliore, meno tecnologico ma molto più “cazzuto”, quando le Case ti vendevano Moto con la M maiuscola ed erano poi i propri piloti a tessere la trama del “Life-Style”, e non viceversa.
Perché, siamo sinceri: non siamo stufi degli slogan alla “Make Life a Ride” di BMW? Non siamo stufi di farci vendere moto come le GS1200 per l’idea di avventura che esse trasmettono, salvo poi andare in ufficio in centro a Milano con l’equipaggiamento tecnico per un viaggio in Africa ma ai piedi un paio di mocassini e in testa il “Momo Design”? Non sono stufi i 16enni di comprare Sportivette “wanna be” solo per “posare” davanti al bar e far colpo sulla ragazzina di turno, salvo poi avere in mano un trabicolo con cui non si divertirebbe neppure il bambino di 10 anni sceso dalle minimoto? E sì che un tempo sognavamo la Cagiva Mito 7-Speed e l’Aprilia RS125, con potenze che davvero facevano fare l’esperienza necessaria per le moto “grandi” e che uscivano con sospensioni che rispetto alle 125 di oggi sembravano pronte per il Mondiale. Di certo, è che di Eicma in Eicma, l’unica conferma con cui me ne vado ogni volta è che le persone dovrebbero smetterla di farsi imbambolare dai reparti marketing, abbandonare quelle categorie pre-confezionate, scegliere con il cuore e soprattutto mettersi alla guida. E se la guida torna ad essere il fulcro principale, allora torneranno anche l’interesse, la passione e le emozioni che ancora oggi ci suscitano quelle moto che tanto hanno segnato la storia del periodo che amo chiamare “Old but Gold”. E al tempo stesso, anche le Case dovrebbero smetterla di seguire ciecamente i desideri di un mercato noioso e annoiato, tornando loro stesso a stimolarlo, a dare nuova linfa. Ecco: questo è quello che mi aspetto di vedere nel prossimo futuro di Eicma, ma che puntualmente non tarderà a deludermi.