A cura di Cristian Vaga.
Se non avessi visto il gran premio ieri e mi fossi basato unicamente sulle reazioni dell’oceano social, potrei pensare che a Silverstone Ferrari avesse iniziato a smontare i box al giro 40. La Ferrari ha vinto. Vinto, giusto? “Qui, a casa loro”. Eppure dall’indignazione che ho raccolto fra Facebook e Instagram, sembra quasi che Carlos Sainz abbia buttato fuori Charles Leclerc di propria iniziativa, un po’ come il famoso caso “Non si può Copse!” dello scorso anno fra Hamilton e Verstappen.
Tifosi, ma va tutto bene? Avete letteralmente vinto. Vinto. Prima posizione, e pure pole position. Però è chiaro il punto: il nome in cima al Q3 e in cima alla classifica ieri, non è Charles Leclerc. Non è “la prima guida”, la punta di diamante, il gioiello assolutamente privo di macchie e difetti. È stato il secondo a vincere. Il bastardino passato per Red Bull, Renault e McLaren, praticamente il figlio forgiato da ogni rivale di Ferrari dagli anni ’90 ad oggi, e che oggi siede fra voi. Mai a podio fino al 2019, salitoci con la penalità di Hamilton a Interlagos, peraltro manco meritato quindi. Quello che ha fatto 150 gran premi in una carriera di circa 8 anni senza mai fare una pole position o portare a casa una vittoria.
Così lo avete dipinto. Colpevole di aver coronato il sogno della propria vita, ammantato dai colori di Maranello. Macchinoso stratega, pronto a tutto per far affondare Leclerc, che perfino osa dire al team “Non potete farmi questo” quando, con gomme fresche di due mescole di vantaggio, si sente dire dal muretto di non affondare il colpo su Leclerc, che monta gomme dure e vecchie di un secolo.
Avrebbe vinto Perez se non fosse stato per Carlos, spietato nel senso letterale di senza pietà e focalizzato su quella prima vittoria che gli sfuggiva dalle dita da qualche tempo (Monza 2020 e Montréal 2022 su tutte, anche se a Monza correva per i “nemici” di McLaren): Leclerc poteva avere tutto il cuore di questo mondo, ma le gomme e i tempi sul giro battono il cuore in questo sport. E a meno che Pirelli ci stia mentendo, le soft vanno molto più forte delle hard.
I tifosi della Rossa a volte non lo vedono: sarà l’amore che li rende inevitabilmente irrazionali, ma certe volte è davvero troppo: facevano tutti la morale a Valtteri Bottas che si metteva giù come un tappeto sotto i piedi di Sir Hamilton, che doveva tirare fuori le palle, e ora che in Ferrari il “secondo” tira fuori dette palle, non va più bene? Volevate un secondo più servizievole che a volte porta buoni punti, oppure una Scuderia Ferrari che vince le gare? Volete avere due Gilles Villeneuve o due Niki Lauda al volante, ma se a vincere non è solo il #16 si grida al complotto come i peggiori bazzicatori di forum sugli alieni e di vari “nn cielo dicono”?
Ditemi, Tifosi: è stato Sainz a scegliere di non far fermare Leclerc? È stato Sainz a dire al muretto Ferrari di tenere fuori il numero 16? Benanche il muretto avesse deciso di fermare Leclerc, fra l’esposizione della bandiera gialla e il passaggio di Leclerc oltre la pit entry sono passati 2 secondi: in due secondi voi notereste la bandiera gialla e capireste al volo che è una SC in arrivo e non uno che semplicemente va lungo? Secondo voi Sainz doveva davvero fare da tappo a due come Sergio Perez e Lewis Hamilton, entrambi su gomme nuove soft come lui, che ci avrebbero messo 2 giri a passarlo e aggredire un Leclerc alla frutta fra gomme e ala?
No. Carlos è solo colpevole di aver fatto il proprio lavoro: portare alla vittoria un team capacissimo di vincere.
Siete però stati sempre così: non volevate una vittoria di Barrichello per non fermare l’ennesima cavalcata del Kaiser Schumacher, e volevate che Sebastian Vettel sparisse dal Circus dopo i diversi testacoda, senza contare la vittoria di Singapore nell’anno prima del tracollo, solo perché un 4 volte campione del mondo non voleva mettersi dietro ad un giovane al secondo anno di F1.
È pesante doverlo dire, ma a questo giro Ferrari doveva davvero ascoltare gli strateghi del Bar Sport e far fermare entrambi, magari facendo passare sia Perez sia Hamilton. Magari, il prossimo moto d’orgoglio di un pilota in rosso lo avrebbero apprezzato di più.