A cura di Umberto Moioli.
I giapponesi la chiamano “ Touge ”, che letteralmente significa “Passo di Montagna”, una parola che nel corso degli anni ha però acquisito un significato ulteriore, tutto suo. O per meglio dire, tutto nostro, legato a quello che è lo “street” automobilistico. Ma che cos’è esattamente la Touge? Beh, per spiegarlo è forse meglio partire da ciò che la Touge non è.
Chiudete gli occhi e immaginatevi di mettervi al volante della vostra macchina. Allacciatevi la cintura di sicurezza, accendete il motore, ascoltatelo risuonare dallo scarico, mettete una mano sul volante, accarezzate la leva del cambio e con i piedi sentite i pedali. Continuate a tenere gli occhi chiusi e immaginate di essere alla guida tra le curve di una strada di montagna, deserta, dove le luci dei vostri fari sono le uniche ad illuminare la strada.
Cos’è la Touge? È una gara? No, non lo è. Siete soltanto voi che guidate, al massimo contro voi stessi, al massimo scappando da qualche brutto pensiero. Ma non è una gara, non ci sono premi in palio e non c’è una bandiera a scacchi che vi attende alla fine del passo. Non c’è neppure un regolamento, non ci sono restrizioni tecniche o minimi requisiti di preparazione. Non avrete tabelle con i vostri tempi sul giro, non ci sarà un cronometro a decretare se avete fatto la Pole Position o se partirete ultimi, così come non esiste uno schieramento di partenza al Touge. Dimenticatevi la traiettoria sempre perfetta, perché non è quello che importa e non è quello che potrete (sempre) fare. Non si tratta neppure di drifting o di esibirsi di fronte a qualcuno. La Touge non è uno show, non è un car meet: non diventerete famosi, e neppure verrete notati da qualche team manager che vi proporrà un contratto per farvi correre nel suo team. E soprattutto, no, alla Touge non si tratta di essere fastidiosamente rumorosi o appariscenti, di quanto bassa o luminescente sia la vostra auto, oppure di quanto grosso sia il vostro impianto stereo. Ma non è neppure una questione di quanto possiate essere veloci, o pazzi, o coraggiosi nel tirare la staccata al limite. Perché alla Touge non è il limite della macchina a fare la differenza e no, non ci saranno vie di fuga ad attendervi quando arriverete lunghi. La Touge soprattutto non è esibizionismo, non è ricerca del pericolo fine a se stesso, non è la voglia di rompere le regole del Sistema, non è voler essere stupidi per farsi un video da postare sui social per diventare virale. No…
La Touge è semplicemente il piacere di guidare per davvero, è il desiderio di guidare per guidare, per liberare la propria passione, scoprire la propria macchina e scoprire se stessi nella danza tra una curva e l’altra, tra una frenata ed un cambio di marcia, mentre i giri del motore salgono e le gomme stridono. E il sentirsi bene, liberi, vivi. Accarezzando la propria auto sussurrandole, sulla via del ritorno, di quanto incredibile sia stata e di quanto affiatati voi due insieme siate stati. E’ guidare e collezionare ricordi, dividere la strada con chi vive lo stesso amore per le macchine e divertendosi, perché senza divertimento la vita è priva di significato.
Questa, è la Touge.
Bello, e quasi interamente vero. E’ importante far capire alle persone la matrice culturale che IL Touge (vi prego…) si porta alle spalle. Esistono tuttavia delle evoluzioni e delle sfaccettature che questa sottocultura ha subito nel tempo. Anche driftare è considerabile “touge”, e c’è anche chi prende il tempo sulla tratta. Da ragazzata quale è nata, nel suo divenire fenomeno internazionale ha goduto di diverse interpretazioni da parte di team e persone diverse. All’eternità di questo movimento, colonna portante e indiscutibile tempio della cultura underground. Con amore dai ragazzi di Quellidellanotte, il cui nome spero lasci trasparire leggiadri pensieri a riguardo.