A cura di Claudio Boscolo.
Quella che, ormai quattro stagioni fa, era iniziata come una piacevole serie-recap della stagione di Formula 1 ora è diventata una sorta di succursale corsaiola di Beautiful (esattamente quella serie tv).
Che Netflix non sia nuova ad approcciarsi a cose che non conosce, storpiarle e renderle dei prodotti di misera qualità contenutistica non dovrebbe più stupire.
E invece siamo proprio qua a stupirci di quanto sia, per loro, facile scavare anche una volta raggiunto il fondo.
Parliamoci chiaro: la serie, che era partita come una sorta di docu-series sui retroscena della F1, il tanto bello quanto oscuro “behind the scenes” della più grande competizione motoristica mondiale, si è trasformata, stagione dopo stagione, in un teen-drama di bassissima levatura.
Rivalità inventate, dichiarazioni forzate, storpiatura della realtà ed inesattezze sullo svolgimento di determinate procedure del week end di gara assieme ad errori di montaggio rendono il tutto sempre più grottesco.
La Formula 1 non ha bisogno di Drive to Survive.
Non ha bisogno di forzature della realtà ed inesattezze.
Perché il prodotto oscilla tra la volontà di rivolgersi verso un pubblico che conosce la Formula 1 e chi invece è totalmente novizio alla massima serie motoristica.
Facendo malissimo entrambe le cose.
Non si può voler spiegare al pubblico cosa sia un pit-stop per poi far vedere le qualifiche come se fosse il format dei primi anni 2000 in cui scendeva una vettura alla volta alla caccia del tempo anziché essere tutte assieme in pista.
Chi, anche solo una volta, per sbaglio, prima di addormentarsi sul divano post pranzo ha visto una sessione di qualifiche si sarà reso conto di questo anacronismo con la realtà.
Drive to Survive ha deluso in pieno e continuerà a deludere perché ormai il suo focus non è più la Formula 1, che diventa così solo il contesto.
Lo scopo della serie è fornire intrattenimento da quattro soldi sfruttando l’ambiente ed il carisma dei piloti e manager.
Attenzione però, questo modo di raccontare una realtà fittizia può essere anche un bel boomerang.
Soprattutto se i piloti ed i manager iniziano a mostrare segnali di insofferenza verso il progetto.
Parlo appunto di piloti del calibro di Max Verstappen: il quale ha annunciato di non voler più prendere parte a Drive to Survive proprio perché non realistico.
La Formula 1 non è un film d’azione e va trattata con rispetto.
La Formula 1 non ha bisogno di Drive to Survive, di montaggi da venti minuti sbagliati, di “catch phrases” dei team principals che esaltano la difficoltà dell’ambiente né delle scoregge di Tsunoda.
Questo sport merita rispetto e deve ricostruire una credibilità, soprattutto dopo lo scorso finale di stagione.
Non ha bisogno di qualcosa che storpi anche la realtà.
Netflix, se veramente hai a cuore noi appassionati, cambia registro.
Ma sappiamo già cosa interessa, quindi non mi aspetto nulla se non altre delusioni.