Ho lasciato passare giusti un paio di giorni perché so di andare a toccare un argomento delicato per il pubblico italiano: Marc Marquez.
Su chi sia Marc non penso ci sia ancora troppo da dire: 8 volte campione del mondo, di cui 6 solo in MotoGP, in una striscia ininterrotta dal 2014 al 2019. Fino al 2019, e sapete tutti il motivo.
Sapete, ogni tanto riguardo il suo crash a Jerez lo scorso anno, ma non per “culto del sangue”, che ho notato come sia radicato nel pubblico (specialmente nell’ultimo mese): lo osservo per capire come sia stato possibile. Come sia stato possibile che tutto si sia allineato nel peggiore dei modi, letteralmente non poteva andare peggio per El Cabroncito, in termini di infortunio. Infatti la prima diagnosi è più una sentenza di cassazione: frattura dell’omero con interessamento del nervo radiale.
Wikipedia dice DNS per il GP di Andalusia 2020: Marc alza bandiera bianca, la situazione è troppo dura, le 20 flessioni prima del venerdì lo hanno massacrato. E dategli torto: provate voi a spostare una RC213V, a piena velocità, con un braccio solo.
La guarigione è lentissima e sfortunata: Marc si infortuna nuovamente, stavolta a casa aprendo una finestra (ottima copertura per non dire al mondo che si sta spaccando di allenamento a casa, ma sono solo supposizioni). Poi le operazioni da due diventano tre, questa frattura non ne vuole sapersi di chiudersi. Anzi, col passare del tempo arriva pure un’infezione che peggiora il tutto, e questa complicazione lo relega a chiudere la stagione 2020 con uno 0 totale.
Per la mente di un campione come lui, è al contempo un colpo durissimo, e una fiamma motivazionale incontrollabile. Appena possibile salta su in moto, prova una Honda meno recente a Valencia. Gira, gira, inanella tempi su tempi e prova ad abituarsi a questo corpo che non lo aiuta.
Avanti veloce a domenica scorsa. Finora il 2021 di Marc Marquez recita: due gare saltate, una P7, una P9, tre ritiri. Le FP3 in Germania lo rivedono primo, ma le qualifiche dicono tutt’altro: P5, non malissimo comunque.
Si spengono i semafori, e l’intero mondo della MotoGP si ricorda di due cose: torna in mente chi sia Marc Marquez, e dove si stia correndo. Da undici anni a questa parte infatti, il Sachsenring è una specie di frazione di Cervera, la terra natia di Marquez, altrimenti non si spiegano le undici vittorie consecutive in tre classi diverse che il numero 93 ha messo in bacheca dal 2010 a oggi. E infatti lo spagnolo si tuffa nelle curve con molta naturalezza, salendo in P2 già ai primissimi metri. Dopo aver duellato con un’inaspettata Aprilia, si mette in testa alla corsa e rimane là. Dietro si scatena letteralmente l’inferno con sorpassi e controsorpassi, ma davanti di un secondo circa vediamo sempre il solito numero: 93.
Sono un tifoso particolare, lo ammetto: non tifo il rider o il team (beh ho le mie preferenze), bensì tifo per i ragazzi e per le persone dietro questo bellissimo sport. E domenica mi sono trovato a dire “Grande Marc, bella vittoria!”.
Perché in fondo, anche se dominando ci sei stato antipatico, in parte ci sei mancato quest’anno.