A cura di Claudio Boscolo.
Ci sono gare che da sole valgono una vita, gare che fanno tremare le gambe anche ai migliori piloti al mondo e da sole valgono una carriera.
La 24 Ore del Nürburgring è in cima a quel tipo di corse.
Il solo talento non basta, l’imprevisto è ovunque dietro ogni doppiaggio, dietro ogni cambio di temperatura dell’asfalto e meteorologico (il clima montuoso del Ring non perdona); per dominare l’inferno verde serve essere qualcosa oltre.
Ogni anno oltre un centinaio di vetture partono all’assalto della gloria in uno dei circuiti più temibili, pericolosi ed insidiosi che siano mai stati partoriti dalla mente umana, dove solo il vedere la bandiera a scacchi è una vittoria.
Nonostante la pericolosità e la difficoltà del tracciato, la 24 Ore del Ring resta una delle gare che più lascia spazio al romanticismo dei motori (e all’odio, esplicito o meno, di tanti piloti che si trovano in situazioni abbastanza complesse a causa del sovraffollamento in pista).
Come detto prima, ogni anno più di cento vetture si lanciano nella corsa alla gloria divise in decine di categorie e, su tutte, due vetture hanno rubato il cuore degli appassionati (e contestualmente un po’ di odio da parte dei partecipanti): la mitica Opel Manta “Foxtail” che quasi tutte le edizioni ci delizia con la sua presenza e la new entry di questa stagione ossia la “blinking” Dacia Logan.
Ebbene sì, una Dacia alla conquista (circa) del Ring.
La vettura è stata preparata dai ragazzi di Ollis Garage Team e vede, tra i quattro piloti lo youtuber e conoscitore del “Green Hell” Misha Charoudin, che ha fornito ampia copertura social delle avventure della piccola Dacia coraggiosa.
Il mix di goliardia e volontà di farcela ha prevalso nonostante le condizioni più che proibitive di certe fasi di gara, dove anche i piloti più esperti delle competizioni GT di tutto il mondo sono caduti in errore.
Certo, correre per la prestazione è altra roba, tuttavia far sopravvivere una vettura che in teoria dovrebbe fondere tipo dopo mezzo giro non è affatto di secondaria importanza.
È seppur vero che la presenza di questo tipo di vetture, in un contesto di estrema competizione e di pericolosità, possa essere controverso tuttavia devo ammettere, però, di aver vissuto con genuino interesse e affetto le avventure di questi assoluti pazzi uomini.
Tra 911 GT3 R, BMW M6, Ferrari 488 GT3 e chi più ne ha più ne metta, questo veicolo da tangenziale est di Milano mi ha scaldato il cuore.
Se poi vogliamo metterci anche il momento “photobomber” in cui la Blinking Dacia si prende non solo il sipario ma addirittura lo show passando sotto la bandiera a scacchi esattamente pochi istanti prima dell’attuale vincitrice (la 911 di Kevin Estre, Matteo Cairoli, Lars Kern e Michael Christensen del team Manthey-Grello) allora l’amore è totale.
Quello che mi lascia questa piccola, grande impresa è la meraviglia della vettura comune che si staglia in mezzo agli Dei dell’olimpo motor-sportivo, del comune che diventa straordinario.
“If you’re Happy and you know it, flash your lights.”
Questa è la piccola, grande impresa della “Blinking Dacia”, vera regina di questa edizione della 24 Ore del Ring e poco importa finire attorno alla centesima posizione, quel che resta è la magia.