A cura di Giorgio Sernagiotto e Claudio Boscolo.
Dopo più di un mese di attesa è di nuovo tempo di scaldare i motori.
Per la seconda tappa del FIA WEC siamo alle maestose pendici del monte Fuji, in Giappone.
Arriviamo nella terra del Sol Levante un paio di giorni prima del solito sia per smaltire il jet lag sia per avere la possibilità di scoprire e visitare le bellezze di questo paese.
Prima di darci al turismo, però, abbiamo la grandissima occasione di parlare alla Camera di commercio italiana a Tokyo.
Diventa così una bella occasione per uno splendido scambio culturale e devo dire che il ritorno, anche da parte della stampa giapponese, è stato davvero ottimo!
D’obbligo anche il passaggio nel quartiere di Shibuya, uno dei cuori pulsanti della capitale giapponese, ricco di musica, di colori e veramente tanto affollato dove a farci da guida è Aronne Travaglia, ingegnere nucleare e rallysta (stiamo pur sempre parlando del figlio di Renato Travaglia!) che vive stabilmente in Giappone. Il nostro tour prosegue poi distaccandosi tanto dall’ambiente giocoso, colorato e pieno di gente di Shibuya per recarci nel tempio buddhista di Sengaku-Ji, sempre a Tokyo. Questo luogo è particolarmente caro sia al popolo giapponese che ai tantissimi turisti che vengono a rendere onore ai 47 ronin, i samurai senza padrone e dove ogni 14 dicembre si svolge la cerimonia del Thè Gischi-sai con la quale si celebra la battaglia che li riscattò dalla loro condizione di “senza padrone”.
47, esattamente come il nostro numero di gara.
Ci spostiamo poi nella circoscrizione di Minato, nel quartiere di Roppongi, noto per lo più per il grattacielo Mori Tower.
In questa occasione ho avuto il grandissimo piacere di ritrovare il mio caro amico d’infanzia Cristiano Cazzolato, ingegnere del veicolo che spesso si trova a lavorare in Giappone.
Sia Cristiano che Aronne verranno poi a fare il tifo per noi durante la gara!
Dopo questo intensissimo tour per le strade e i templi di Tokyo è anche ora di godersi un po’ delle bontà culinarie che il Sol Levante ha da offrire: sushi, carne di Kobe e chi più ne ha più ne metta.
Ok, bellissimo fare i turisti ma siamo qui per correre e il week end di gara incombe.
Il Fuji è per noi una grande incognita; a parte Andrea né io né Roberto abbiamo mai corso sul tracciato nipponico per cui abbiamo speso diverse ore al simulatore per imparare il circuito.
La scelta di Michelin, d’altra parte, di portare le mescole più morbide per questa gara non ci avvantaggia, anzi sembra proprio voler fare a cazzotti con la nostra Dallara.
Questi segnali ci fanno pensare che sarà un week end di sofferenza ma, come sempre, non molleremo di un centimetro.
Il venerdì lo spendiamo per lo più per riuscire a capire come rendere al meglio nonostante la mescola sfavorevole e la scarsa conoscenza del circuito.
Sul giro secco siamo sempre in difficoltà ed il tempo di sabato ne è testimone.
Siamo a due secondi dalla prima delle Oreca e ultimi di classe.
La dura realtà cronometrica viene però mitigata dallo splendido calore dei tifosi giapponesi.
Curiosi, rispettosi e soprattutto preparatissimi ma anche estremamente disciplinati e ordinati tanto che nella sessione di autografi, nonostante avessimo fatto il record di firme, non c’era il minimo segnale di confusione.
Ho sempre amato la cultura giapponese ed è per questo che ho deciso di dedicare al paese del Sol Levante le scarpe con cui correrò la 6H e queste sono le piccole cose che me lo fanno apprezzare sempre di più! Certo, la gara sarà difficile però darò il meglio per ricambiare tutto l’affetto ricevuto.
Arriviamo al fatidico start delle ore 11 (orario locale, le 4 in Italia) con Roberto ad aprire le danze.
Nonostante le grandi difficoltà della vettura, Robi riesce a mantenere un buon passo che ci consente di limitare i danni; tuttavia un piccolo inconveniente tecnico alle luci posteriori ci ha fatto perdere qualche decina di secondo extra per cambiare il blocco posteriore.
Nonostante questo intoppo e le difficoltà derivanti dalla nostra Dallara, la sua prestazione è stata davvero ottima e, conclusosi il suo secondo stint è la mia volta sulla 47. Ancora una volta la pioggia mi accompagna in pista.
Devo ammettere che l’acqua per noi è una grandissima chance di recuperare tempo su chi ci precede e infatti il nostro passo migliora tanto da restare sui tempi delle Oreca.
Purtroppo smette di piovere e il nostro passo gara perde di consistenza.
Al termine del mio secondo stint lascio il sedile ad Andrea.
Come detto precedentemente la vettura su asfalto asciutto non ha un gran passo e navighiamo attorno alla settima posizione quando Andrea accusa un problema allo pneumatico posteriore che gli causa un testacoda.
Altro tempo extra speso nella corsia dei box che ci relega all’ottava piazza.
Concludiamo la gara in P7 di classe, decisamente molto meno soddisfatti che a Silverstone.
Adesso bisogna solo archiviare questa esperienza e concentrarci su un’altra grande incognita per la prossima tappa: Shanghai.