A cura di Umberto Moioli.
Questa domenica, la comunità motoristica lombarda è stata sconvolta da una terribile notizia: una ragazzo di appena 28 anni, Yuri, ben conosciuto nell’ambiente è stato vittima di un terribile incidente sulla strada verso Bellagio (LC), in cui sono state coinvolte un totale di 3 moto, una la sua Suzuki GSX-R 1000, e due macchine. Tragicamente, Yuri non ce l’ha fatta. E’ morto in seguito ad un arresto cardiaco.
Un fatto, questo, che ha aperto, tra chi vive la comunità motoristica della zona, numerosi dibattiti sulla pericolosità dell’andare in moto, sul destino, sulle responsabilità sia dei motociclisti sia degli automobilisti, e via discorrendo. Dibattiti che credo sfocino troppo spesso nella retorica, quando invece la situazione è ben chiara e andrebbe analizzata senza né moralismi da una parte né sentimentalismi dall’altra.
Faccio una premessa: voglio mettere infatti da parte immediatamente il discorso del “mettetevi la moto solo-pista”, perché prima di tutto i costi per la maggior parte di noi sono proibitivi e pensare di fare più di due o tre giornate all’anno rappresenta una chimera (quindi se dovessimo farci tutti quanti un esame di coscienza, i gestori delle piste non dovrebbero essere esenti), ed in secondo luogo per molti, anzi moltissimi, motociclisti la moto è qualcosa che andrebbe goduta anche su strada.
Quindi, premesso ciò, ora è tempo di dirci le cose fuori dai denti, di essere onesti con noi stessi senza nasconderci dietro a scuse o quant’altro: a noi piace andare forte. Questa è la prima verità. Se ci rechiamo al concessionario con il desiderio di acquistare una supesportiva 600 o 1000, o una delle più recenti medie e maxi naked, a meno che l’obiettivo non sia quello di andare a rimorchiare fuori dal bar alla moda, di certo le intenzioni non saranno le più angeliche. La seconda grossa verità è che queste moto vanno forte, anzi fortissimo, e pensare che la “semplice” presenza di tonnellate di elettronica basti a renderle “fruibili” per tutti, anche per chi non ha mai poggiato le proprie natiche su una moto vera, sono frottole. Frottole pericolosissime, perché serve essersi fatti della gavetta su qualcosa di più “umano”, di più “amichevole”, che perdoni l’errore di inesperienza, prima di pensare di portarsi a casa l’ultimo modello di Ninja ZX-10R o una Panigale 1299. E nella gavetta, che piaccia o no piaccia, c’è da contare anche qualche bacio all’asfalto, perché chiunque, prima o poi, in moto è caduto. Chiunque. E serve anche per fare esperienza. Ma nella maggior parte dei casi, un conto è cadere con una “motoretta”, ed un altro è essere disarcionato o perdere comunque il controllo di veri e propri missili che avrebbero potuto lottare per la vittoria se messi a competere nel Mondiale Superbike di qualche anno fa.
Quindi, dopo esser stati sinceri con noi stessi ed aver compreso se ciò che stiamo guidando è adatto al nostro livello, analizziamo invece i comportamenti sulla strada. Anche qui è doveroso fare una premessa: nessuno ci impedisce (più o meno) di andare forte, l’importante è tenere sempre bene a mente due cose, ovvero che siamo noi i responsabili della nostra vita e qualora decidessimo di “rischiare di più” mettiamo anche in conto che potrebbe andarci male, molto male; ma la cosa più importante è che non dovremmo mai mettere in pericolo la vita degli altri, in nessun caso. Fatalità permettendo.
Quindi, la domanda è: andare forte su strada rappresenta sempre il pericolo più grande? Malgrado la maggior parte delle gente vi dirà di sì, io sono profondamente convinto del contrario. Il problema è la stupidità, l’incoscienza e la mancanza di lucidità. Ci sono posti e posti dove poter aprire il gas, ed altri dove la manopola va tenuta chiusa. Citando infatti la leggenda delle Corse su Strada, Joey Dunlop, :“(Al TT) non conta sapere dove devi aprire il gas, ma dove devi chiuderlo”. Questo dovrebbe essere il primo principio guida di chi vuole divertirsi su strada. E’ necessario sempre cercare di avere sotto controllo il maggior numero di elementi: conoscere la strada, l’asfalto, la presenza di buche o di ghiaia, raggi di curve, la presenza di uscite o viettine private da cui possono spuntare le macchine dei residenti di campagna. Ovviamente non esiste essere al sicuro al 100%; non lo si è neppure in pista, figuriamoci su strada. Ma così facendo si possono drasticamente diminuire le percentuali di rischio, rispetto a chi il gas lo apre senza alcuna cognizione di causa. E bisogna anche essere equipaggiati con le gomme giuste. Quante volte vediamo motociclisti arrivare su al passo con la posteriore quadrata e completamente finita? Ve lo dico io: troppe, purtroppo. E’ la moto ad essere un accessorio della gomma, e non viceversa. Senza gomme non si va da nessuna parte e la maggior parte di coloro che girano su strada dovrebbe iniziare a capire che le coperture sono da considerarsi “finite” ben prima che spunti la tela.
C’è un altro punto che poi mi preme sottolineare: al di là, infatti, del comportamento indicibile di certi automobilisti e la vergogna di uno Stato che permette ancora ad anziani, incapaci di digitare un numero sul telefono o di leggere un sms, di mettersi alla guida di un’autovettura, quante volte però assistiamo a manovre da parte di motociclisti che fanno gelare il sangue a chi li segue? Curve cieche tagliate come se fossero su strade chiuse al traffico, passaggi radenti alle colonne in fila ai semafori a velocità sostenuta e specialmente “sorpassi” in diagonale sfiorando da una parte l’auto passata e dall’altra quella proveniente dal senso opposto. Numeri da circo in cui molti escono miracolosamente illesi nonostante il muso di una macchina abbia appena sfiorato la ruota posteriore o il fianco anteriore per una manciata di centimetri. Sono questi gli atteggiamenti che rendono la moto su strada estremamente pericolosa e che mietono più vittime di curvoni affrontati con il ginocchio a terra. Quello che non riesco a capire è come la maggior parte di questi ragazzi non riesca a comprendere dove esistono le condizioni per poter spingere e dove invece bisognerebbe semplicemente aspettare, senza affannarsi per passare là dove non c’è spazio o prendendosi rischi che non hanno il ben che minimo senso e che dimostrano semplicemente quanto la moto sarebbe un oggetto che andrebbe loro requisito immediatamente.
Al di là infatti del dispiacere della perdita di un giovane ragazzo della zona ed al di là delle dinamiche (di cui siamo a conoscenza ma che non ho intenzione di affrontare), come si fa a pensare di entrare letteralmente “a cannone” in una strada a doppio senso tanto stretta da essere adatta a malapena per una sola vettura? Sono questi i comportamenti profondamente sbagliati che portano poi alle tragedie, non le moto. Le moto, nel 98% dei casi (escludiamo cadute causate dalla ghiaietta che va a chiudere lo sterzo), fanno quello che il cervello del pilota gli dice di fare. Niente di più. Sta a noi il resto.