Finiamo la carrellata di United. È il turno di Filipe Albuquerque, un pilota certamente meno giovane ma più esperto di Nico Pino e Nolan Siegel. Anche lui al volante della LMP2 #23 ci ha deliziato con un’intervista schietta e diretta, condotta in un fantastico italiano.
Ecco a voi Filipe Albuquerque.

“Ciao Filipe, partiamo subito dalle grandi domande. Le Mans è una gara speciale per tutti. Cosa la rende speciale per te?”
“Le Mans è la gara più importante del mondo, ogni pilota al picco della sua carriera sogna di essere qui. Io sono qui per la dodicesima volta ormai. Ci ho vinto abbastanza. Ci sono state gare in cui non sono nemmeno entrato in macchina. C’è stata una volta in cui sono partito in prima fila e la gara è durata 200 metri.
È una gara dura. Le Mans è una delle gare più frustranti che esistano. La preparazione del pilota e della squadra è lunghissima, e ti aspetti tanto per poter dare il massimo in quest’unica gara. È come le Olimpiadi, ti prepari per quattro anni per fare magari una gara da dieci secondi. E se le cose non vanno bene devi aspettare la prossima occasione.”

“In parte ci hai già risposto, ma cosa NON ti piace della 24 ore di Le Mans?”
“In parte è la frustrazione che dicevo prima, che però fa parte del gioco. Quello che odio è questo modo di organizzare la qualifica. Prima erano più sessioni di qualifica vissute quasi come prove libere, e alla fine usciva il giro più veloce. Adesso c’è la hyperpole con le auto più veloci, ma non è vero che sono per forza le più veloci. Finché lasciano auto 35 secondi più lente [le GT3] in mezzo ai prototipi, c’è il rischio che i piloti dei prototipi si vedano il giro rovinato. Non è difficile uscire dalla top 8 perché non hai avuto un giro libero dalle GT.”

“Hai fatto tantissime Le Mans, come vedi l’evoluzione di questo evento negli anni?”
“La gestione della macchina è molto diversa. Prima dovevi conservare il motore, non cambiavi a limitatore, evitavi i cordoli. Adesso la macchina regge senza problemi, devi però conservare il pilota. Non puoi correre troppo, perché in ogni stint corri come se fossi in qualifica. Sei sempre al limite per tutte le 24 ore. Dal punto di vista dello spettacolo deve ancora migliorare però. Gestire le safety car sarebbe un primo passo.”

“Preferisci Daytona o Le Mans?”
“Sono eventi molto simili, non sono semplici da comparare. Probabilmente preferisco Daytona, è meno frustrante. Se succede qualcosa a Daytona, come una gomma bucata o un testacoda, durante la gara riesci a recuperare grazie alle safety car. Una volta la DPi di Mazda ha mancato la partenza e ha perso tre o quattro giri, ma è comunque riuscita ad arrivare a podio grazie alle safety car. Anche per questo è una gara più spettacolare.”

Ringraziamo nuovamente United Autosports per averci dato la possibilità di quest’intervista e Filipe Albuquerque per la disponibilità e simpatia.

Di Alessandro Rizzuti

Laureato in storia e bassista metal a tempo perso, fermamente convinto che sotto le sei ore si parla di gare sprint. Ogni tanto faccio qualche articolo ironico, sperando di essere divertente almeno su internet.

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